Artimisia


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Una grande bay window, affacciata sul bosco di lecci, caratterizza la stanza Artimisia. Le grandi vetrate sono circondate dagli alberi che sembrano insinuarsi nella camera, creando una atmosfera magica e raccolta: si ha l’impressione di dormire nella natura. I soffitti decorati a cassettoni con i toni del vede, l’accostamento di mobili di antiquariato con oggetti di design, la illuminazione soffusa, rendono la stanza Artimisia particolarmente piacevole. Il bagno è completamente rivestito in ardesia grigia. La stanza misura 28 metri quadrati circa.

artimisiaLa Leggenda della dama con le erbe – vale a dire la leggenda di Artimisia – è raccontata da Messer Alfredo de Projestiinis Euroleis alla pagina centoventitré delle sue cronache.

Era bella, Artimisia. Anzi, bellissima. Riccioluti capelli corvini incorniciavano un viso dai lineamenti finissimi eppure istintivamente sensuali, quasi fanciulleschi, occhi ancor più neri dei capelli, se possibile, dallo sguardo ineffabile pur tuttavia penetrante, corpo ferino dalle movenze aggraziate ma con scatti di selvaggia ribellione. Bellissima, e basta. Non aveva altri talenti: era pigra, assolutamente inetta, inequivocabilmente noiosa. Non aveva passioni né attitudini, non amava la musica né la pittura o il ricamo. Niet. Il cinema all’epoca non era stato ancora inventato, ma certamente anch’esso le sarebbe parso insignificante. Insomma, nulla suscitava il suo interesse fuorché la ricerca di erbe, erbe aromatiche, erbe officinali, erbe sconosciute o erbe velenose. Erbe. Instancabile, partiva all’alba sfuggendo al controllo della fantesca e peregrinava per ore ed ore alla ricerca di mandragore, cortuse o aethioneme. Vagava, Artimisia. Tra boschi e pianori, colli occultati e macchie misteriose, vagava – ed era felice. Ma dunque, perché cambiare la propria natura senza necessità?

Figlia di ricchi e titolati – sarebbe stato improbabile il contrario ! – la bella Artimisia costituiva per i rispettabili genitori un problema. Che fare di lei? Maritarla, senza dubbio! E giù la sfilza di pretendenti, il conte, il principe, il figlio di nessuno fattosi all’improvviso più potente del re, il bello, l’elegante e persino il colto… Nada. Ogni qualvolta si presentava un aspirante consorte, Artimisia che faceva? Semplice: cadeva in catalessi!!! Finché un giorno arrivò al palazzo avito un tale. Vecchio, male in arnese, pure claudicante, un po’ triste. Quel vecchio però aveva l’espressione di chi, abituato alla vita, sa della vita più di chiunque altro. Occhi intelligenti e atteggiamenti risoluti, ecco. Lo ospitarono, gli sciagurati, pensando di guadagnarsi qualche selciato per il paradiso. Sciocchi! Era costui un ricchissimo mecenate che, avendo visto il mondo e ancora di più, andava alla ricerca di occasioni che accendessero la sua curiosità – ma come si può soddisfare un avido? E fu così che incontrò Artimisia. Un lunedì mattina, alzatosi prestissimo per chissà quale motivo, si imbatté nella giovine erborista che si apprestava ad uscire. Le chiese se poteva accompagnarla – lei acconsentì. Se ne andarono insieme, in silenzio. Ed in silenzio continuarono a passeggiare. Lei si fermava, raccoglieva radici e foglie e quant’altro. Lui si fermava pure, e la guardava. Zitti, entrambi. Ritornarono a palazzo. E lei continuò a non parlare. Lui la guardava. Qual maggior curiosità suscita colui che non nulla vuole suscitare?

Si sposarono pochi giorni dopo. Il vecchio e la bellissima Artimisia. Lei raccolse erbe e fece infusi per tutta la vita, al resto ci pensò il suo amato bene. Le allestì pure una stanza verde, completamente verde, in mezzo agli alberi.

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