Lustezia


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Il celeste e l’avorio sono i colori dominanti della camera Lustezia. Luminosissima, ha il soffitto affrescato, una testata di letto con antichi elementi in ghisa e dei particolarissimi quadri di ispirazione iperrealista. Il grande bagno, segnato da due finestre centinate e da un originale lavandino ‘a fonte’, è dotato di doccia idromassaggio. La stanza misura 29 metri quadrati circa.

lusteziaNelle sue cronache, Messer Alfredo de Projestiinis Euroleis narrava della vita di Lustezia nella Leggenda della gatta con la stanza celeste.

Lustezia era la gatta del Re di Francia. Gatta altezzosa, nivea, dal pelo serico e dagli occhi di topazio, incedeva tra le sale del palazzo pigramente, poggiando le zampe con sdegno sugli Aubusson e sugli impiantiti di marmo. Pesava tredici chili. Non pochi, per una gatta. Ma era la gatta del Re di Francia e il re – ahinoi! – aveva di lei la più alta considerazione, il re riteneva che la gatta avesse doti divinatorie e aveva elaborato un personalissimo dizionario gatto-sovrano con cui, lo stolido, reputava di poter interpretare il linguaggio di Lustezia. E cioè: il muso leggermente inclinato a destra significava oltraggio, piegato verso il basso voleva dire approvazione, e così via. Insomma, la gatta era diventata la consigliera del Re. Non c’era incontro diplomatico o decisione da prendere senza che Lustezia venisse interpellata. E tanto era il riguardo che le veniva riservato che il re fece allestire una camera appositamente per lei, una camera dai toni dell’avorio con riflessi paglierini, come i suoi occhi, e dalle pareti celesti, in armonia con i riflessi azzurrognoli della polvere di lapislazzuli con cui soleva aspergerla – d’altra parte una gatta non poteva indossare le parrucche!

L’influenza della gatta si estendeva anche agli affaires d’amour del re. Insomma, prima che una qualsiasi dama potesse entrare nell’alcova regale veniva sottoposta al giudizio di Lustezia. Le conseguenze sono facilmente immaginabili. Finché un giorno la gatta non incontrò una aspirante favorita più scaltra di lei. Si trattava in verità di una donzella istruita da tal strega Aurosia e dunque preparata a fronteggiare avversari di tal fatta. Ci mise poco la gentildonna a capire l’antifona e in men che non si dica partì all’attacco. Si accordò con un gattaccio di sua conoscenza che, dopo anni di scorribande e malefatte, aveva deciso di mettere la testa a posto e cercava una moglie, pingue e in salute per sfornare una serie di micetti da riempire tutte le case della contea. Cisposo, con più cicatrici che peli, pareva Jeoffrey de Peyrac alle prese con il Re Sole. E di Jeoffrey de Peyrac aveva anche il piglio e l’ardore.

Detto fatto. Avvolta nottetempo Lustezia in una coperta, la dama quatta quatta consegnò il fardello al gatto Jeoffrey: fu amore a prima vista. A cosa valgono ciprie e cuscini senza il battito di un cuore travolto dalla passione?

E fu così che Lustezia diventò una perfetta casalinga e la dama assunse il ruolo ufficiale di favorita del Re. Pretendendo però di occupare la famosa stanza celeste e avorio.

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